TRIAL E FANTASIA

STORIA FANTASTICATRIAL E FANTASIA

Ho recuperato dagli archivi della rete una storia di trial e fantasia, scritta anni fa durante una influenza invernale, la ripropongo qui, tanto per tenerla indicizzata insieme al resto.

Ogni tanto, mentre vado in giro con la moto da trial, incontro, anche casualmente, amici che non vedo da tempo, persone ormai contagiate dal tarlo del motoalpinismo, esseri che emergono dalle foglie del sottobosco mostrandosi con le sembianze più disparate.

Ci sono i cloni iper tecnologici dei piloti da trial più famosi, con l’abbigliamento scelto nella boutique più prestigiosa, rigorosamente coordinato alla marca della moto dell’ultima generazione: vestono tutine e giacche realizzate con materiali testati nei più quotati laboratori della ricerca scientifica.

Alcuni dei loro capi hanno sfilato anche nelle passerelle dell’alta moda più prestigiosa ….. la loro moto, dopo essere passata tra le mani dei preparatori ufficiali del piloti del mondiale, difficilmente vive più di sei mesi nelle loro mani, l’effimera presenza si conclude con l’uscita di un nuovo modello o perché si è manifestata l’usura precoce dei componenti meccanici per gli innumerevoli lavaggi ad alta temperatura, infatti le boccole del forcellone posteriore o i cuscinetti del pignone, già dalla prima settimana, vivono in una emulsione al 90% di acqua e detergente ….

Ci sono poi invece i “veterinari”, quelli che assemblano indumenti più o meno “tecnici” di tutte le varie specialità sportive che centrano poco con il trial, quelli che assomigliano un po’ al “veterinario” del paese con la barba bianca, coloro che pensano di trovare nella giacca alla cacciatora, nei pantaloni da vela, negli anfibi o nei guanti da giardiniere una soluzione migliore per affrontare in piena comodità i giri nei monti con una moto di una o più generazioni passate, un residuato storico che, tra cigolii e nuvole di olio bruciato, continua a girovagare senza una meta precisa …..

I loro capi di abbigliamento, come i tappeti persiani d’epoca, hanno preso la cosiddetta “patina” del tempo: l’usura, le incrostazioni di fango e gli innumerevoli lavaggi uniformano i colori e li opacizzano così come avviene per le plastiche della moto …. Quest’ultima è sicuramente una di quelle che è stata posseduta appena uscita di fabbrica dai “cloni” , i cigolii e l’olio bruciato sono ancora le conseguenze dei primi lavaggi a pressione, ormai un lontano ricordo ….

Tutti loro però, quando li trovi in mezzo al bosco o su un passo, sono sempre sintonizzati sulle stesse sensazioni che nascono dalla voglia di girare insieme con la moto da trial per divertirsi, per scoprire tracciati nuovi, per vedere se si riesce a fare quel passaggio particolare ….

GLI ESSERI DEL BOSCO …

trial e fantasia

E molti, appartenenti ad entrambe le categorie di motoalpinisti, leggono anche le cose che scrivo nel sito, alcuni mi “cazziano” perché scrivo troppe cavolate a vanvera, altri sono contenti ……beh, tutti però fanno parte del mio bagaglio personale di ricordi che, anche quando non sono a girare in moto, mi rilassa l’esistenza e mi piace comunque!

E vorrei che in ogni caso rimanesse traccia di loro, di tutti noi, per le semplici emozioni che abbiamo provato insieme, per le giornate divertenti vissute in mezzo ai monti.

Così, ispirandomi a loro nelle giornate invernali devastate dall’influenza, tra le sostanze assunte per combattere il malanno e le crisi di astinenza dal girare in moto, può nascere qualche allucinazione fantastica, ci si può inventare di tutto pensando agli elementi che incontri sui sentieri …..

Magari si può immaginare di vivere in un futuro indefinito e di essere fermi in un paese sperduto nelle montagne dopo una escursione nell’entroterra, si proprio uno di quelli immerso nella giungla dei rampicanti dove le pareti delle vecchie case sono mimetizzate dal muschio, dove la presenza umana è un lontano ricordo da secoli se non da millenni.

LA GIUNGLA …

Ti guardi intorno, sei incuriosito dalle case disabitate, ci fai un giro, entri e guardi gli antichi arredi e ti può venire in mente: ma pensa se le generazioni di persone che sono passate da qui tra queste case ancora in piedi si sono domandate chi ci ha vissuto chissà se hanno percepito le tue stesse emozioni vedendole ….

IL PAESE SPERDUTO

Vedi anche i “graffiti” di chi c’e stato anni prima di te e ha lasciato “traccia” della sua presenza con scritte e oggetti, cerchi di capire perché si è avventurato in quei posti, come ha fatto ad arrivare fino a quelle case, che mezzi ha usato.

Così può capitare che intanto cambia il tempo, rimani sorpreso dalla nebbia e dalla tempesta e perdi la strada del ritorno, ti aggiri tra i vicoli delle case in rovina alla ricerca di un riparo sicuro.

Magari altre persone come te si sono fermate nello stesso posto immerso nella nebbia, ci sono i segni di un fuoco acceso per scaldarsi e asciugare gli abiti, ci sono delle pietre usate per sedersi, ci sono anche dei segni di presenza civile dei tempi passati tra quelle case sospese tra realtà e fantasia, che ti fanno provare emozioni ancestrali dimenticate …..

LA CASA NELLA NEBBIA

Perché non pensare di trovare anche qualcosa che documenti chi c’è stato …. Perché non può capitare, che so, di trovare delle vecchie fotografie o una scheda di memoria o un supporto ottico ancora leggibile e compatibile con le tecnologie attuali …. Qualcosa che possa essere equiparabile al ritrovamento dell’Uomo preistorico nel ghiacciaio del Similaun, perché no?

Eccole qui di nuovo le “cavolate a vanvera”, come dice Beppe, un amico che appartiene alla famiglia dei cloni.. , va bene posso essere d’accordo, però oggi passatemi l’attenuante dell’influenza, ogni tanto mi piace viaggiare un po’ anche con la fantasia e sparare cavolate, non si vive di solo trial!

Così magari lo si trova davvero un “qualcosa” perduto, che so, nella mangiatoia della vecchia stalla, no, non quello che state pensando …., intendo veramente una vecchia scheda di memoria perduta, magari si riescono a recuperare i dati, seppure parzialmente, però forse le immagini sono rimaste, forse si riescono a vedere ….

La prima immagine recuperata potrebbe mostrare una sosta di riposo, potrebbe parlare di un bevuta ad una antica fonte di acqua fresca del paese da parte di due individui vestiti in modo strano ….

Hanno una espressione particolare, così come è la foggia dell’abbigliamento, da quello sembra che non si tratti degli antichi abitanti del paese dei primi del 1.800 ma di due ominidi di qualche secolo dopo, non ci sono le cavalcature o i mezzi usati per arrivare!

LA MANGIATOIA

Allora che facciamo, volete dare anche voi un’occhiata ai dati recuperati da questa vecchia scheda di memoria perduta nella notte dei tempi, non siete curiosi di vedere gli ominidi che frequentavano questi posti ?

GLI OMINIDI ….

Dalla prima immagine si capisce poco su di loro, infatti sono le altre immagini che fanno capire come si muovevano, che mezzi usavano, da quello che si intuisce usavano dei veicoli estremamente primitivi che sfruttavano ancora l’attrito con il terreno per muoversi e quindi necessitavano di un passaggio libero da ostacoli vari, pare potessero affrontare percorsi in acqua ma non è dato sapere se viaggiavano in superficie o vi si immergevano.

Dalla posizione di guida si intuisce che il conducente doveva utilizzare le mani per orientare la direzione di marcia, la testa era dotata di un copricapo di protezione, evidentemente i guidatori non avevano in dotazione il sistema di navigazione automatico che esclude il contatto con i corpi estranei per proteggersi dagli urti.

L’assenza evidente di stabilizzatori di assetto corporei, così come li conosciamo oggi, fa pensare che gli antichi guidatori utilizzassero tecniche particolari per mantenere l’equilibrio con i piedi posizionati sugli appositi supporti durante il moto, le strane calzature che abbiamo visto indossate dagli ominidi nel primo documento dovevano servire a proteggere le estremità inferiori dal contatto con il veicolo e con i corpi estranei.

L’ANTICO VEICOLO

Riemergono immagini di antichi passaggi che dimostrano che i mezzi di locomozione allora non sfruttavano ancora la portanza indotta dalle correnti d’aria di fondo valle per superare gli ostacoli, si stima perciò che la forza di gravità avesse un impatto significativo sul propulsore, solo oggi sappiamo quanto dispendio di energia è stato utilizzato nel passato per vincere l’attrito del suolo con il fine di imprimere il moto ai veicoli per consentire lo spostamento delle persone.

Impegno di energia che ha esaurito il combustibile fossile nel tempo così che l’umanità è stata costretta a scoprire altre fonti energetiche rinnovabili quali lo sfruttamento delle micro correnti d’aria al livello del suolo associato alla riduzione artificiale di gravità.

UN ANTICO PONTE ….

Purtroppo le vicissitudini del millennio scorso hanno ridotto le informazioni elettroniche disponibili sugli antichi sistemi di locomozione ed i supporti cartacei ancora presenti, che non sono stati digitalizzati, sono inaccessibili per limitarne il deterioramento.

Perciò non ho notizie sugli indigeni dotati di veicoli antichi come quelli delle immagini, si può solo intuire dall’espressione dello sguardo, dalla posizione del corpo, che la guida impegnasse completamente il campo visivo per individuare la direzione più efficace sul terreno.

Condizione oggi inesistente perché, con l’utilizzo degli equilibratori gravitazionali e dell’assetto automatico della piattaforma mobile che sfrutta per il movimento la micro corrente d’aria a bassissima quota, il contatto con il suolo il pilota lo avverte solo alla sosta se scende dalla piattaforma.

Oggi infatti, durante la marcia, la piattaforma naviga a circa 30 cm dal piano di riferimento, che può essere anche verticale su dislivelli continui di una ventina di metri in salita, dipende dallo slancio, dagli accessori e dal software in dotazione alla piattaforma.

Il sistema automatico di navigazione inoltre permette di escludere ogni contatto con elementi indesiderati scegliendo la strada preferenziale sgombra da ostacoli consentendo così uno spostamento in completa visione del paesaggio.

Non è tutto facile però, poiché il territorio dell’entroterra, ha subito lo spopolamento degli ultimi tempi, non tutte le aree disabitate possono essere percorse con le piattaforme mobili e, ove c’è una vegetazione estremamente folta, il piano di riscontro utile per sfruttare le micro correnti ascensionali si trova solo sul terreno libero o sulla cime degli alberi se la vegetazione è così fitta da creare una superficie omogenea ….. ma difficilmente è così!

Perciò le condizioni ottimali di spostamento si trovano solo nei pochi tracciati originari del posto ancora liberi dalla vegetazione, diversamente occorre improvvisare nuovi percorsi sperando di non finire in zona di calma di corrente ascensionale intrappolati dal vuoto d’aria ..

Problemi che gli antichi delle immagini avevano superato perché disponevano di una efficiente rete di percorsi reali che gli consentiva un agevole accesso alle località sperdute nelle montagne.

INDIGENO IN MOVIMENTO ….

Percorsi che si intravedono solo parzialmente perché l’attenzione dei protagonisti era rivolta prevalentemente al superamento degli ostacoli che, per loro e per la loro tecnologia disponibile, direi fossero veramente impegnativi.

Si può così pensare che nella notte dei tempi il territorio fosse gestito oculatamente utilizzando solo la semplice forza fisica delle persone, dai dati rilevati sulla scheda compare l’immagine di un indigeno che, dotato solo di strumenti estremamente arcaici provvedeva a liberare il percorso dai rami, dalle calzature.

Dall’abbigliamento tipico si rileva che avesse anche lui a disposizione un veicolo di locomozione su due ruote.

Purtroppo oggi il costante uso della gravità artificiale nella vita quotidiana ha limitato l’attitudine ad usare la forza fisica per svolgere lavori un tempo alla portata di tutti, prestazioni come quella riportata nell’immagine seguente si sono estinte sul pianeta nel corso dell’ultimo millennio.

LA PULIZIA DEI SENTIERI

Nelle immagini comunque si vedono prevalentemente gli indigeni con i loro mezzi fermi mentre uno pare mostri una prodezza particolare nell’affrontare una pietra di appena un metro di altezza, probabilmente la resa del sistema di propulsione risente molto della gravità naturale e dell’attrito radente con il suolo, così queste persone utilizzavano per ridurlo allora l’unico sistema conosciuto e tramandato dall’antichità: la ruota.

E’ andata sicuramente perduta la memoria del funzionamento del vetusto sistema di propulsione, dalla visione delle immagini non è da escludere che il movimento venisse trasmesso solo dalla ruota posteriore visto che l’anteriore non toccava il suolo …

Chissà che direbbero questi antichi ominidi se sapessero che il sistema di navigazione automatico della piattaforma attualmente assimila questo tipo di ostacolo alla normale rugosità del terreno e il suo superamento non produce oggi alcun spostamento del corpo del conduttore …

PROBLEMI CON LA GRAVITA’

Quali rischi essi correvano! Le immagini dei copricapi e delle protezioni utilizzate dimostrano che l’esposizione ad urti contro corpi estranei risultava assai probabile.

Però il contatto con l’elemento naturale era diretto ed immediato, occorreva guardare il percorso e assecondare le asperità naturali con il movimento del corpo, il rapporto con l’ambiente era effettivamente reale e non era filtrato dai sistemi magnetici di protezione del dispositivo di navigazione, il percorso doveva essere seguito e non era tracciato dal navigatore satellitare sulla base della densità della vegetazione e della destinazione finale

A quei tempi il contatto con il suolo era effettivamente reale, probabilmente era come camminare ma disponendo di una mobilità superiore alla normale deambulazione, invece oggi il movimento indotto dalle correnti ascensionali in gravità artificiale esclude una qualsiasi mobilità corporea attiva …inoltre lo spostamento in aree naturali senza la gravità artificiale non è alla portata di tutti, occorre prevedere una preparazione atletica specifica per sopportare gli indumenti di mobilità servoassistita dotati di stimolatori elettronici della muscolatura ….

PASSAGGI CON LA FORZA DI GRAVITA’ A FAVORE

Che nostalgia delle sensazioni provate dagli ominidi di quei tempi, allora ci si poteva accontentare di poco per divertirsi, anche un muretto di qualche metro poteva essere un elemento di gioco, per avere le stesse emozioni ora occorre trovare delle pareti di dimensioni almeno venti volte superiori, con pari spazio libero per lo slancio necessario alla risalita, però l’operazione è tutta programmabile, dipende solo dal software e dalla piattaforma….

L’OSTACOLO

 

E poi dislivelli simili si trovano solo in determinate condizioni ambientali …. Quasi quasi oggi è meglio navigare nella realtà virtuale dell’ultimo simulatore da camera disponibile … e non servono gli stimolatori elettronici della muscolatura!

Peccato non sia stato possibile recuperare altri dati da quella vecchia scheda, le immagini sono solo bidimensionali e non c’è traccia dei suoni del tempo, probabilmente non esistevano ancora gli ologrammi multidimensionali con supporto vocale, chissà se i veicoli di allora erano rumorosi come le piattaforme di oggi ….

Si intuisce solo la contentezza negli occhi delle antiche persone dell’ultima foto, si capisce che la compagnia, il veicolo e la natura vivevano in una perfetta sinergia ed erano caratterizzate da emozioni positive negli animi ………….

Tutta fantasia ciò che ho scritto? Sicuramente non solo quella, c’è anche una buona dose di malfunzionamento della mia poca materia grigia, secondo molti chi va con la moto per i monti può essere solo un pazzo da legare, un elemento di disturbo che c’entra poco con l’ambiente e la natura e allora queste mie esternazioni possono essere anche una conferma delle loro impressioni, perché no?

Così hanno l’alibi di poter affermare: “Ecco perché vanno in moto su per i monti: sono matti come quel tizio che ha scritto queste cavolate…..”

Invece l’idea che un domani, spero non molto lontano come l’ho descritto nella mia “fantasia”, possa esistere una visione delle cose che invece rivaluti ciò che facciamo mi ispira e allora mi piace immaginare veramente che oggi, mentre ci stiamo divertendo girando in moto, siamo un patrimonio dell’ambiente che visitiamo.

Quindi ringrazio tutti i “cloni” e i “veterinari” che mi hanno ispirato nel racconto, specificando che quanto ho scritto o visto nelle immagini è riferita a fatti realmente accaduti e non è puramente casuale ….. ciao a tutti

LA FELICITA’ NEGLI OCCHI DEGLI ANTICHI OMINIDI