LA DAYTONA DELLE MULATRIAL 2015
La mulatrial del mare ormai ha spiccato il volo verso il sole, come i gabbiani che abitano l’isola di Gallinara di fronte ad Albenga, la nota cittadina della provincia di Savona da dove sono partiti il 1° febbraio circa 600 motoalpinisti su un giro organizzato ad arte dai volontari del motoclub omonimo.
Ormai è acclarato: il “titolo” di “Daytona delle Mulatrial” è indiscutibilmente suo, detiene da qualche anno il record di 670 partecipanti e non è scesa neppure sotto i 200 quando il maltempo e lo spostamento della data all’ultimo momento l’hanno penalizzata.
Ci sono inoltre segnali indiscutibili di attenzione verso questo evento: Motociclismo ha testato qualche anno fa due moto da trial appena uscite sui percorsi della mulatrial per testimoniarne l’uso motoalpinistico, compaiono motorhome “ufficiali” di importatori e gazebo espositivi di tutto rispetto ma si accende anche “l’interesse” delle solite “forze” contrarie sulla potenzialità della mulatrial del mare attivandosi per contrastare l’organizzazione.
Hanno provato perfino ad impedire l’evento con sanzioni improprie su cui il MC, con l’aiuto della FMI Regionale, ha istruito un ricorso ed ha vinto perchè le autorità gli hanno dato ragione piena, ratificando l’assoluta regolarità delle autorizzazioni rilasciate dai comuni interessati.
Anche questo, nonostante tutto fa titolo, ma fa più piacere veder aumentare le prenotazioni dei partecipanti nelle strutture locali da tutto il Nord Italia, dalla Germania e dalla Svizzera, giunti qualche giorno prima e partiti alcuni giorni dopo il termine dell’evento con la scusa di assaggiare il pesto ligure e le altre delizie della cucina locale.
I comuni di Andora, Albenga e Alassio, più che una manifestazione, hanno ospitato un fatto di costume sulla nostra passione, lo si percepisce nell’atmosfera dei gruppi di motoalpinisti in trasferta, organizzati con camion e furgoni stipati all’inverosimile di moto.
Arrivano anche i trialisti in costume, si inventano personaggi come Padre Max e il suo chierichetto con campana al seguito dediti alla esaltazione del giro, atteso con pazienza dall’anno prima.
DAL GRUPPO TRIAL MATTI DI CAMAIORE
La rete ci regala servizi sull’evento con album fotografici e video ricavati dalle riprese con le GoPRo montate sui caschi di molti, si vedono comparire le foto sui social network.
In ogni momento e dai commenti si capisce anche la soddisfazione di chi c’è stato, di chi ha partecipato, compreso coloro che hanno passato parte del giro in coda per il sovraffollamento in alcuni punti …. certo 600 moto possono causare qualche tappo e ci sono stati, ma non esagerati,come si pensava, erano situazioni sopportabili, nella norma almeno per me.
Un giro partito dalle strutture del Parco delle Vacanze, il camping sulla spiaggia, la cui strada di accesso è stata invasa benevolmente da carrelli e furgoni di motoalpinisti ansiosi di condurre i loro destrieri tassellati su tre livelli di percorso, giallo (per i principianti), verde (comune a tutti) e varianti con frecce rosse e blu dotate di difficoltà per gli utenti esperti.
Quest’anno non voglio raccontare com’è stato tutto il giro, quasi 7 ore di moto su questi percorsi non si improvvisano e lasciano il segno, l’esperienza mi ha insegnato molto gli anni scorsi, sono sempre arrivato al ristoro di metà percorso in debito fisico, in assenza di forze con la moto che decideva da sola dove andare e la seconda parte si è sempre tramutata in una tappa estrema, precludendo la soddisfazione che invece doveva permeare da ogni curva o da ogni sentiero toccato dalle ruote.
Sono partito con un obiettivo: centellinare le forze, cercare la via migliore all’altezza delle mie capacità, senza esagerare, senza voler fare passaggi hard a tutti i costi, volevo invece evitare l’affanno per avere la facoltà di comprendere tutte le peculiarità possibili della seconda parte del giro.
Questo approccio in effetti dovrebbe essere comune a tutti: capire sempre se si è in grado di valutare la propria preparazione.
Se siamo principianti o esperti lo sappiamo, però ci sopravvalutiamo perché, purtroppo, sottovalutiamo il giro per i principianti, pensiamo non valga la pena e invece molte volte ci sono delle piacevoli sorprese.
Ad Albenga sapevo delle nuove varianti per saltare le code ai “pali”, un sentiero scavato nella roccia di un crinale calcareo dove i detriti sbriciolati dalle intemperie rotolavano sotto le ruote dei motoalpinisti, smorzando lo slancio necessario per superare le curve a gradoni sul panorama della piana sottostante.
Gli organizzatori mi raccontavano anche di nuovi passaggi, recuperati dal passato con la paziente ricerca dei cercatori di piste del motoclub.
I cercatori sono esseri speciali, si possono paragonare ai rabdomanti, solo che al posto di trovare l’acqua loro trovano il tracciato poichè sono dotati di un istinto intuitivo, mirato solo alla scoperta di nuove vie.
Riescono a leggere il territorio a naso, come se avessero un sonar interno tale da permettere loro di ricostruire i migliori percorsi per raggiungere la destinazione in piedi sulla moto.
Quando partono li devi solo seguire ed assecondare, si inizia a potare la vegetazione e la traccia si presenta naturalmente, come un fungo trovato sotto un cumulo di foglie.
So cosa sto scrivendo, conosco alcuni “cercatori” e ogni volta mi stupiscono veramente con effetti speciali, come è accaduto anche alla Mulatrial del Mare.
MARIO DOGLIO, UNO DEI “CERCATORI”
Ho tagliato l’Hard delle “pozze dei cinghiali” ed ho trovato l’alternativa su una mulattiera che era tutta un piacere da guidare con le curve chiuse ma raccordate al punto giusto, dove bastava solo impostare la posizione e girare il manubrio con la seconda innestata, da fare in scioltezza, possibile ma non banale.
Anche il giro per principianti era degno di essere fatto e ricordato perchè studiato a volo di gabbiano, lungo la cresta panoramica di fronte all’isola Gallinara, emergente dal mare luccicante sotto di noi, una visione che è diventata un’icona in tutte le foto postate in rete nei social.
L’unico hard che non ho cancellato è stato il mitico “quattro vie”, il ricordo dei saliscendi nel bosco, infittito dall’oblio degli uomini, deve essere onorato ogni volta che si partecipa a questa mulatrial, senza esitazione.
L’avventura delle salite estreme, affrontate sul fondo completamente asciutto, è stata gratificante, la moto si aggrappava al terreno ed io a lei, per superare insieme pendenze verticali, fino al mitico bivio dei “pali”, la linea esasperata dei piloni, tracciata sul crinale di calcare.
Qui sapevo che, se avessi osato il passaggio, lo avrei pagato nella seconda parte del giro, occorre essere molto allenati per superare la fatica di questo tratto.
Ogni volta all’apice gli avambracci diventavano un’ inutile appendice attaccata al manubrio perciò volevo risparmiarmi per poi fissare i ricordi della seconda parte del giro, quella su Andora, dopo il ristoro.
A pegno di questa rinuncia ho fotografato alcuni partecipanti all’uscita all’incrocio con la mia variante, molti di loro sono arrivati stremati, anche se non lo ammetteranno mai, l’espressione dei loro sguardi però raccontava di curve e controcurve nello spazio di pochi metri, con rocce altissime a cornice sui gradoni di pietra, come quelle dei templi aztechi del Guatemala.
Pensavo in verità che la parte finale prima del ristoro ormai fosse una passeggiata, nella media della bellezza di una visione a 360 gradi sul mare e sui monti e invece mi trovai su un nuovo tratto, evidentemente realizzato ad hoc dagli amici del’Albenga, in traccia laterale nella pendenza a picco sul bordo dei canaloni scoscesi, scavati dall’erosione della pioggia, dove l’esistenza di questa antica via riportava i segni della sua artificialità: muretti a secco realizzati come base per ricavare lo sbalzo sufficiente a passarci sopra al limite, senza rischiare più di tanto e ringhiere di legno, nuove, costruite per noi …. non vi dico da chi, tanto lo sapete …
La coda in questo tratto era d’obbligo, ci raccordavamo al percorso comune prima di un passaggio effettivamente più serio, in particolare per i principianti, dove i capitani del motoclub aiutavano tutti a superare la solita manciata di curve estreme che mieteva i più stremati, le radici e il fondo sgretolato intrappolavano chi non aveva la giusta malizia per affrontarle di slancio.
Più facile a scriverlo che a farlo, ve lo assicuro…, comunque alla fine ne siamo usciti e siamo arrivati al ristoro al Santuario della Madonna della Guardia, dove la visione di tutte quelle moto colorate, sparpagliate al sole sul piazzale, con i conducenti che si scambiavano le impressioni del giro o scattavano le foto del paesaggio, meritava la nostra presenza.
Siamo stati protagonisti di un evento ormai unico nel genere delle mulatrial per dimensione e partecipazione, tanto che il ristoro ne è stato penalizzato.
Come sempre il motoalpinista non si preiscrive, gli piace improvvisare, così le organizzazioni devono tirare ad indovinare, ma quanti verranno? 100, 200, 300? O 400? L’anno scorso circa 300, quest’anno magari di più, beh si azzarda, si ordina cibo e gadget per 400 persone, al limite avanza.
Ma se di persone ne arrivano 600, magari con i familiari che aspettano il “pilota” al ristoro va da sé che i conti saltano per forza, i Motoclub possono avere i rabdomanti dei sentieri, trovare nuove vie ma la sfera di cristallo per capire quanti arriveranno a girare …. no! Mi dicono che ci provano ma non funziona!
Così, purtroppo tutto ciò diventa fisiologico e una parte di noi rimane senza ristoro ma in questo manchiamo noi perchè non comunichiamo mai se ci saremo o no …. la conseguenza è che chi primo arriva si pappa tutto e chi viene dopo …. spera nella velocità dell’organizzazione a recuperare altri rifornimenti, ma ad un’ora di distanza dal primo panificio aperto la domenica non è mai un’impresa scontata!
L’atmosfera però è ugualmente positiva, c’erano anche le mountain bike elettriche in prova per chi avesse voluto provare a sostituire la moto da trial lungo i sentieri più scorrevoli …. ci vorrà tempo per quello, anche se ci siamo molto vicini …
Per ora ci siamo avviati per la seconda parte della mulatrial, nei Comuni di Alassio e Andora, dove il mare ci guardava da distante mentre ci avvicinavamo ai “rossi”, un toponimo del Poggio Rosseghino, dove c’era una variante “hard” preceduta da una discesa a precipizio su una mulattiera tecnica, erosa dall’acqua, ma con l’aiuto della gravità in ogni caso al fondo ci si arriva.
Il bello venne dopo quando si dovette risalire su una parete ancora più ripida di quella dei pali, su una pietraia spaccata ma salda, qui tutto ciò che si staccava per l’erosione precipitava a valle però vi lasciava aperte delle ferite, delle scanalature che dovevi salirle evitando di impuntare l’anteriore ma dovevi anche superarle, scaricando il mono dal tuo peso al posteriore, in teoria …. se la tecnica era di dominio del conducente ma, in pratica, le curve al limite di ribaltamento ci hanno fatto provare di tutto per salire, io ho giocato un sacco di jolly azzardando piedi a terra in posizioni impossibili, mentre i crampi mi attanagliavano gli avambracci.
Ancora non mi rendo conto di come sono riuscito ad uscire indenne da una simile “trappola”, niente foto qui, ci voleva tutta ad impugnare le manopole, figurati togliersi lo zaino e cercare la macchina!
Ci voleva una sosta per recuperare l’uso delle estremità perchè dopo c’era il passaggio di San Bartolomeo, una magnifica mulattiera simile a un letto di torrente in secca, come un wadi del deserto, stretto, con le sponde alte e con una canala profonda al centro da evitare, si doveva stare di lato con la moto a monte, se si sbagliava la posizione ti incastravi inesorabilmente con le pedane e volavi oltre il manubrio …
Lo ricordavo straordinario, ma quella domenica, parzializzando prima le energie, lo wadi divenne spettacolare ed esaltante, tanto da reintegrare le motivazioni per continuare, risalendo fino all’apice del “metanodotto”, un passaggio artificiale lungo una linea in discesa simile ad un trampolino per il salto con gli sci, i freni sembravano non servissero, la moto procedeva comunque tanto che un amico d’oltralpe se l’è fatto senza il freno posteriore dato che aveva rotto tutto ….
Con l’adrenalina in circolo e il mare sullo sfondo siamo arrivati al punto panoramico della Torre Caso, un antico mulino a vento, adibito anche a torre di avvistamento dei corsari, i saraceni che razziavano le cittadine della riviera, da qui probabilmente le vedette videro arrivare nel 1546 i Pirati di Dragut che depredarono e deportarono tutti gli abitanti di Laigueglia per chiederne il riscatto …
Tutta la Liguria è costellata di fortificazioni e di torri di avvistamento, ci si potrebbe quasi titolare anche una mulatrial sulle vie dei corsari ….
Ci rimaneva solo il rientro di corsa verso la cittadina di Albenga, per chiudere la giornata prima del calare del sole, magari davanti a un piatto tipico in un ristorante sul mare, con gli amici a ripercorre con la mente i passaggi più belli della Daytona delle Mulatrial.
Siamo in chiusura, il territorio e la comunità hanno almeno nuovamente 40 km di sentieri, tra cui molti nuovi, puliti e rullati come un biliardo, disponibili per tutti, grazie al lavoro gratuito dei volontari del motoclub Albenga i quali mi dicono che su molti di questi tracciati durante l’anno non ci girano neppure.
FOTO RUDY CON PARTICOLARE RINGHIERALoro migrano come i gabbiani su altri passi, questi sul mare invece li lasciano agli escursionisti, sanno che hanno gli accessi facilmente raggiungibili con i mezzi quindi i “cercatori di piste” vogliono nuovi stimoli per il loro fiuto.
Nella realtà quotidiana ci sono persone che percorrono vie tracciate da altri, è la differenza tra una copia e l’originale.
I soci del MC Albenga appartengono a quest’ultima categoria, quelli che le vie le tracciano: gli Originali.
Grazie per la magnifica giornata!
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